Coloro che credono di avere assolutamente ragione

Nel suo libro intervista/confessione La notte sarà calma Romain Gary affermava di essere “contro tutti coloro che credono di avere assolutamente ragione”, e attribuiva la paternità dell’espressione ad Albert Camus.
Mi coglie la curiosità e cerco il testo da cui può provenire la citazione di Gary. E trovo una serie di articoli di Camus, che non conoscevo, usciti per Combat e raccolti nel 1948 sotto il titolo Ni victimes Ni bourreaux. Camus scriveva esattamente che “Nous etouffons parmi les gens qui croient avoir absolument raison, que ce soit dans leurs machines ou dans leurs idees – Noi soffochiamo in mezzo a persone che credono di avere assolutamente ragione, sia che si tratti delle loro macchine o delle loro idee”. Ciò che soffoca non siamo esattamente noi, parlo al plurale per simpatia verso l’autore, quanto il tentativo, quasi sempre impedito, di far valere le ragioni di un discorso altro, se non di significato diametralmente opposto, almeno strutturalmente diverso. Metodologicamente non riducibile all’ingranaggio della lingua di plastica utilizzata dal gruppo dominante (ma io parlo dei tempi di ora, non dei tempi di Camus. Dei nostri tempi di moderazione, liberaldemocrazia, tecnofinanza, debito insanabile…). Al momento attuale, alle idee e alle macchine, potremmo aggiungere il credo religioso, i gusti letterari, i diktat delle commissioni tecniche e la fede calcistica, tanto che si può presumere che anch’essa, al pari di quella religiosa, finirà per non poter venire irrisa o messa in discussione, né sul serio, né per scherzo. Che per dire “Juve Merda” si correrà il rischio di essere assassinati (in realtà è già così, ma sospetto che il calcio non c’entri davvero…). Che scomparirà del tutto l’ironia e la sua divisione veramente utile, l’autoironia.
Si diceva di quelli che credono (non pensano) di avere sempre ragione. Una schiera composta in larga parte da quelli che ritengono valide le proprie argomentazioni solo e soltanto a causa di una scelta ideologica e/o una scelta di convenienza, di posizionamento interessato. Che avendo scelto una parte non hanno mai ritenuto necessario esaminare accuratamente le proprie posizioni, che sono poi quelle fornite con la bandiera, l’elmetto e il cestino per il picnic.
Preferiscono quindi il denigrare al confutare. Condannare sommariamente ogni difformità anche lieve dal proprio sistema di pensiero, presunto o reale, ben padroneggiato o solo mutuato in superficie. Aderiscono senza mai discutere, se non quel poco che si ritiene di potere per salvare le apparenze. Muovendo flebili obiezioni che siano riconducibili alla gamma di differenze istituzionali, quelle tollerate dal pluralismo di facciata di ogni sistema di potere democratico. I grandi sostenitori dell’acriticità. E per questo si sentono autorizzati ad ogni aberrazione linguistica, a tutte le forme di violenza verbale previste dal manuale della spregiudicatezza. Denigrare sempre. Mai confutare.
Eppure denigrare senza confutare è un po’ come traccheggiare senza trombare.
Un po’.
L’altro po’ come essere stupidi.
Ni victimes Ni bourreaux - Albert Camus
Ni victimes Ni bourreaux – Albert Camus

Abbasso la Juve (o Il Manuale del Gol)

Qualche mese fa ho ritrovato il “Manuale del Gol” di Vezio Melegari a casa di mia madre. Una pubblicazione su cui da bambino passai innumerevoli ore.  E dopo averlo sfogliato nuovamente, dopo più di trentacinque anni dall’ultima volta, mi vien di dire che non fosse per caso o per errore.
I ritrovamenti non sono tutti uguali.  E questo “Manuale del Gol” ha aperto un grande bagaglio di ricordi, tutti significativi.

In una ipotetica classifica di ciò che è stato significativo nell’infanzia lo collocherei sullo stesso piano del Grande Atlante Geografico De Agostini (l’edizione con le bandiere in copertina) e al film “L’Uomo che uccise Liberty Valance” di John Ford.
Hanno contribuito, tutti insieme, a generare una bella parte dell’immaginario infantile di chi scrive e introdotto il concetto di leggenda e di giustizia nella sua ancora acerba Weltanschauung.

Ho viaggiato molto per nazioni e stadi. Sono stato a partite epiche rigiocate mille volte e grazie alle illustrazioni di Carmelo Silva sembrava di esserci stati davvero. Anche se rimase per molti anni un mistero la reale dinamica del gol di Sandro Mazzola alla Svizzera durante un’amichevole nell’ottobre 1970. Le parabole tratteggiate da Silva, che esemplificavano la traiettoria del pallone,  non riuscivano a rendere giustizia alla prodezza tecnica di Sandro Mazzola poi osservata più avanti in video.

Quindi per il sottoscritto la fronte a scalino di Puricelli era realtà, Hector Puricelli che era un grandissimo colpitore di testa, ma non quando era in Uruguay, prima di essere acquistato dal Bologna. Ed è lì che casualmente scopre di essere un grandissimo colpitore di testa. E viene chiamato Testina d’Oro. Così come le bende legate in fronte agli stopper e ai centravanti, la geografia economica di stati adesso nemmeno più esistenti, l’URSS, la Cecoslovacchia, L’Alto Volta, la Rhodesia. E poi la geografia economica mutata degli stati rimasti. Quelle belle linee di confine tracciate col righello alla conferenza di Pieve a Nievole o di Sanremo, che adesso gli uomini incappucciati rimettono in discussione insieme alla sicumera di chi per quasi cento anni credette alla versione di chi le tracciò.

E inoltre, il libro è stato pubblicato nel 1974. A me deve essere stato regalato intorno a quegli anni. Nel 1976 ho imparato a scrivere e dunque ciò che vergai con incerta calligrafia maiuscola sul frontespizio del libro dev’essere una delle prime cose che ho scritto in vita mia.

“ABBASSO LA JUVE”.

Avevo già deciso da che parte stare. E non me ne vogliano gli amici juventini. Fu mano innocente di bimbo a vergare lo slogan.

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